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Eleonora Truccero, la psicologa che parla alle nuove generazioni con autenticità


Ciao Eleonora, Cosa ti ha spinta a scegliere la psicologia come professione?

Ho scelto di fare questo lavoro perché avendo vissuto situazioni delicate molto tempo fa, e ne sono uscita grazie all'aiuto di specialisti, ho voluto dare la possibilità che è stata data a me all'epoca, quella di poter far stare meglio gli altri.

Qual è il tuo ambito di specializzazione e perché hai scelto proprio quello?

Sono specializzata in neuropsicologia clinica dell’anziano e dell’adulto. Ho deciso di approfondire questo ambito perché mi interessa comprendere cosa accade nella nostra mente a livello neurale. Inoltre, mi interessa specializzarmi anche in psicologia della violenza di genere: per questo ho seguito diverse formazioni specifiche in questo settore.

Quali sono le sfide più grandi che hai incontrato nel suo percorso?

Ci sono diverse sfide da affrontare. Una di queste è la capacità di entrare in connessione con il paziente, condizione fondamentale per poterlo aiutare. Si può conoscere perfettamente come trattare una tematica specifica, ma se non si riesce a stabilire una vera connessione, diventa molto difficile essere efficaci. Un’altra sfida importante è affrontare i pregiudizi che ancora oggi esistono nei confronti della figura dello psicologo.

Secondo te, a che punto è oggi la consapevolezza collettiva sul benessere psicologico?

Oggi noto una maggiore consapevolezza, soprattutto tra i giovani. Sono proprio loro, infatti, a iniziare a mettere al primo posto la propria salute mentale. Le persone dai 35 anni in su, invece, fanno ancora fatica a raggiungere questo livello di consapevolezza, anche perché, quando erano adolescenti, non c’era la stessa sensibilizzazione sul tema della salute mentale

Cosa direbbe a chi pensa ancora che andare dallo psicologo sia un segno di debolezza?

Purtroppo, chi pensa in questo modo è spesso influenzato da ciò che si diceva tanti anni fa, ai tempi dei nostri nonni, quando si credeva che, se non avevi una ferita visibile, allora non stavi realmente male. Oppure si tratta di persone che, magari, non hanno voglia di lavorare su sé stesse: finché non si mettono in discussione e non affrontano le proprie dinamiche interiori, non potranno mai comprendere davvero la propria complessità.

Una tematica che purtroppo negli ultimi anni, in particolare dopo il COVID, si è fatta sempre più delicata è la gestione dell’ ansia. Oggi tante persone, soprattutto giovani, soffrono di questa patologia, qual è la differenza tra ansia ‘normale’ e disturbi d’ansia clinici?

Quando un certo tipo di ansia inizia a influenzare un ambito della nostra vita — ad esempio, il non riuscire a uscire di casa per la paura, infondata, che un palazzo possa crollare addosso — in quel caso può essere utile intraprendere un percorso terapeutico o psicologico. Tuttavia, è importante sottolineare che non esiste un momento universalmente ‘giusto’ per andare in terapia. Diventa opportuno farlo quando un determinato fattore interferisce con la tua quotidianità al punto da impedirti di vivere una vita funzionale.

Ci puoi suggerire un esercizio semplice per come gestire l’ansia quotidiana?

Non esiste un consiglio generale che vada bene per qualsiasi tipo di ansia. Tuttavia, esistono tecniche psico corporee molto efficaci, come ad esempio la respirazione, che possono aiutare a gestire i sintomi in modo funzionale.

A proposito di gestione dell’ansia, uno dei motivi per cui nel 2025 molti ragazzi e molte ragazze vivono questa situazione, è perché hanno quasi un’ ossessione dell’approvazione online sui social. Questo tipo di ossessione da cosa è dovuto secondo te ?

Purtroppo viviamo immersi nei social network, anche quando non lo vorremmo. Io, ad esempio, mi occupo di sharenting, una pratica che coinvolge i genitori che espongono i propri figli sui social fin dalla nascita. Questo comportamento crea fin da subito un legame tra il bambino e il mondo dei social, un legame che tende a protrarsi nel tempo, fino all’adolescenza, portando spesso a una dipendenza non solo dai social network, ma anche dallo smartphone in generale.

Che ruolo hanno i genitori, gli insegnanti ma più in generale la società sull’educazione digitale?

Oggi si sta iniziando a parlare e a sensibilizzare su questo argomento, ma siamo ancora solo alla punta dell’iceberg. Le istituzioni stanno cominciando a muoversi in questa direzione, portando in Parlamento una proposta di legge a tutela dei minori, che prevede anche l’introduzione di un limite d’età per l’accesso ai social. Inoltre, si sta valutando l’inserimento dell’educazione digitale nelle scuole, per sensibilizzare i giovani sui potenziali danni legati all’uso del mondo digitale

Abbiamo parlato prima che molti giovani cercano l’approvazione degli altri sui social. Quanto peso ha invece l’approvazione sociale, anche tramite la moda, nella costruzione di sé stessi e della propria immagine?

La moda è un mezzo attraverso cui ci identifichiamo. Basta pensare, ad esempio, alla moda punk: quel look ti permetteva di entrare in un gruppo, di essere riconosciuto in un determinato contesto. Lo stesso vale per l’abbigliamento formale o informale, che ci permette di inserirci in ambienti specifici. Ad esempio, anch’io vengo presa più sul serio nel mio lavoro quando indosso il camice, piuttosto che restare in t-shirt. L’outfit, infatti, influisce non solo su come gli altri ci percepiscono, ma anche su come percepiamo noi stessi.

Tu oltre ad essere una dottoressa in psicologia, lavori come modella da tanti anni. La fotografa può essere uno strumento per accrescere la propria autostima?

La fotografia viene utilizzata anche in contesti clinici, come nella fototerapia, una tecnica che si impiega come supporto psicologico. La fotografia, con l’accompagnamento di un terapeuta, è utile perché consente di esplorare emozioni che spesso ci sfuggono, ma che emergono attraverso l’immagine.

C'è una lettura o un esercizio che consigli a chi vuole iniziare un percorso di consapevolezza personale?

C'è un libro molto interessante intitolato "Ti amo e ti temo. Il paradosso dell'amore al tempo dell'individualismo" di Carlo Rosso. Questo libro ci aiuta a comprendere chi siamo come individui e come ci inseriamo nelle relazioni con gli altri. Può anche aiutarci a prendere consapevolezza di alcune dinamiche che ci caratterizzano.

Per concludere, cosa diresti a chi sta pensando di intraprendere un percorso terapeutico ma ha paura dei pregiudizi ?

È normale provare un po’ di ansia e temere il giudizio del terapeuta riguardo al nostro percorso di vita. Tuttavia, i professionisti della salute mentale sono formati, fin dai primi anni di studi, a superare qualsiasi tipo di pregiudizio. Inoltre, viene firmato il consenso sulla privacy, a tutela del paziente, per garantire un ambiente sicuro e rispettoso.


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